bimbilla

venerdì 19 maggio 2017

Dell'invidia e altre bestie


A Simona.
Questo post è per Silvia [...]. Che mi ha appoggiata e ascoltata. Che non mi ha mai invidiata (soprattutto). Prima o poi ti telefono, ed è il "poi" che dovrei imparare a tenere d'occhio. TVB.
Dato che mi hai ispirato un flusso di pensieri più lungo di quanto mi aspettassi preferisco rispondere qui al tuo post, per non prendermi troppo spazio da te :)

Fin da piccola ho sempre avvertito la mancanza di un punto di riferimento, di un modello a cui ispirarmi, non so perché, non che non ci siano cose che mi piacciono anche nei miei genitori, ma volevo anche altro e in loro non sempre lo trovavo. Ho sempre osservato gli altri, tanto, e ci sono persone su cui mi soffermo di più perché in loro trovo una o più cose che mi piacciono. A volte cose che mi piacciono e basta, nel senso che le apprezzo in quella particolare persona ma non fantastico di averle o saperle fare anche io, altre volte invece anche questo. Così da alcune persone ho tratto ispirazione per determinate caratteristiche, tante altre mi hanno trasmesso gusti e spunti artistici in genere (musica, libri, cinema), il ché non penso sia tanto strano.

Diciamo che una mia idea su chi cerco di essere ce l'ho e apprezzo molto trovare stimoli congrui nel mio prossimo. Non la chiamo ammirazione solo perché nella mia vita non sono mai riuscita ad idolatrare nessuno, di solito ammiro alcuni aspetti e non altri e soprattutto quando l'ammirazione è intellettuale rimane confinata in quell'ambito, posso ammirare una mente ma non necessariamente mi piacciono il carattere o il modo di vivere della persona a cui appartiene. Di alcuni ammiro il modo in cui affrontano i problemi, anche se spesso giudichiamo per come le persone ci consigliano quando ci troviamo noi in difficoltà, mentre vai a sapere se mantengono la stessa calma e lucidità quando si trovano loro al centro del ciclone. 

Penso che sia facile giudicare la vita di qualcuno migliore della propria dall'immagine che ce ne dà o che ce ne costruiamo noi, che comunque giudichiamo sempre da un punto di vista preconcetto: il nostro. Qualche giorno fa mi è capitato di vedere una meme che diceva qualcosa come quando pensi che ti stia andando tutto male ricorda che c'è un'altra donna che guarda alla tua vita pensando che sia migliore della sua.

Ecco, noto che spesso avviene questo, alcune persone giudicano il risultato senza pensare a quello che è costato perseguirlo, giudicano la situazione in cui vive l'altro solo in base a come credono si sentirebbero al suo posto. Magari ne invidiano il lavoro senza pensare che quello il suo lavoro potrebbe odiarlo, o si pensa che per lui/lei sia stato facile ottenerlo non sapendo quanto gli è costato. Non so se io parlerei di invidia, in molti casi credo sia un binomio di ignoranza e maleducazione.

Questo è un altro punto su cui ho riflettuto molto negli ultimi mesi e mi rifaccio a un'altra frase che cerco sempre di ripetermi: solo perché ti senti offeso non significa che tu abbia ragione. Nella mia vita ho passato molto tempo a sentirmi criticata e di conseguenza a offendermi, perché se una cosa mi suona come una critica che potrebbe anche essere rivolta a me allora chi la dice sta cercando di offendermi o quantomeno non si preoccupa dei miei sentimenti.

Quello che non mi domandavo, però, è perché mi sentivo offesa. Tante volte me la sono presa per un commento rendendomi conto solo a posteriori che nella maggior parte dei casi l'offesa era solo nella mia testa. Spesso infatti il problema è in chi critica, non in noi. Se qualcuno critica abitualmente la gente per come si veste è ovvio che prima o poi lo farà anche con me, ma non posso dire che ce l'abbia con me, è solo una persona superficiale e maleducata. Oppure potrebbe pensare di avere con me sufficiente confidenza da darmi quello che per lei è un consiglio, forse le ho dato troppa corda o forse se l'è presa lei. O, ancora, è una persona sciocca o sbadata.

Ci sono volte in cui l'insulto è lì che vola nell'aria e siamo noi a decidere di sentircene toccati, ma di fatto non ci riguarda, il problema ce l'ha chi parla e chissà con chi se la sta prendendo in realtà, non con noi però, magari non ci conosce e non sa che apparteniamo alla categoria che sta offendendo, oppure noi ci vediamo come appartenenti ad essa ma per lui/lei non lo siamo.

Anche fosse che tutte queste uscite siano il prodotto dell'invidia almeno adesso ho capito che nessuna di esse mi riguarda. Finché qualcuno non mi insulta in modo diretto non è un mio problema e la gente perennemente critica posso sempre decidere di non frequentarla, mentre quella che ogni tanto ha uscite infelici posso frequentarla e fregarmene quando accade se sono io a non sentirmene coinvolta. Quante volte è capitato a me per prima di aprire la bocca e dare fiato a espressioni che nella mia testa erano frasi di circostanza o battute non molto riuscite, e invece l'altro se l'è presa. A volte per una reale gaffe, altre perché il mio interlocutore è andato oltre con l'immaginazione.

Questo per dire che la frase in sé non ha nessun potere o significato recondito, è chi l'ascolta che ce lo può vedere, a volte a ragione e a volte a torto. Chi parla può essere una persona rude, a volte io lo sono, anche quando non voglio mi rendo conto che il mio interlocutore si offende, ma sempre perché legge in quello che dico più di quello che dico, in un eterno processo alle intenzioni o al avresti dovuto pensare che, come se la distrazione fosse un lusso che non ci si può mai concedere. Viceversa l'offeso, o chi si sente invidiato, in molti casi sta interpretando oltre il significato letterale, ma lo fa per motivi che sono solo i suoi. Nel mio caso mi riguardano entrambe le facce della medaglia, solo che io non mi sento invidiata ma criticata, le situazioni sono però le stesse che descrivi tu.

Ci ho provato a comportarmi in modo tale che nessuno potesse mai sentirsi offeso da ciò che dico, ma inizio ad essere stanca di camminare sulle uova, di pensare otto volte a come sarebbe meglio esprimere un concetto o dare un consiglio (richiesto) senza offendere una persona che so essere permalosa. Se dico una cosa che nelle mie intenzioni non è un insulto e l'altro se la prende non posso farmene una croce, evidentemente non è una persona con cui posso parlare di altro oltre che del tempo. Invidio tantissimo (in senso buono) quelli che riescono sempre a dire cosa pensano, anche se è contro, e non offendono nessuno, ma non capisco come facciano.

Ciò che desidero è capire perché certe affermazioni mi offendono, perché l'offesa ha su di noi una presa, ci coinvolge, ci pensiamo e ripensiamo e così diamo importanza a chi l'ha mossa, che magari proprio quello stava cercando, l'attenzione di qualcuno. Se sono io a sentirmi in colpa per qualcosa devo capire perché e risolvere il problema, e la prossima volta qualsiasi affermazione in merito non solo non mi offenderà, ma nemmeno la registrerò. Perché poi il segreto è questo ed è ciò che ammiro in certe persone, non il solo dire che non gli importa, ma non notarle nemmeno certe cose, come fossero un brusio di sottofondo. Anche chi si offende sempre ha una certa presa, e a me è capitato spesso di avere a che fare con persone con cui bisogna fare attenzione a cosa si dice e come e chiedere sempre scusa non sai nemmeno tu per cosa. Devo dire che alla fine le ho sempre dovute allontanare per il mio quieto vivere. 

So di essere un calderone di incongruenze, da una parte permalosa e sensibile, dall'altra brusca e a volte passivo-aggressiva quando mi sento attaccata (per l'appunto a volte a torto e altre volte a ragione). Spero che le persone a cui tengo non si sentano criticate in modo distruttivo (o invidiate, a seconda dei punti di vista), e viceversa spero di non fare troppo la vittima quando si tratta di queste stesse persone. Questo binomio a volte ha rovinato o raffreddato dei rapporti a cui tenevo e me ne faccio in parte una colpa, perché comunque le cose si fanno sempre in due, mi dispiace soprattutto quando non so di avere fatto star male l'altro perché non me ne rendo conto e quindi non posso nemmeno rimediare. Altre volte, come dicevo, almeno uno dei due aspetti mi ha salvata da relazioni pesanti.

7 commenti:

  1. Non entro nel merito del discorso tra te e Simona.
    Ti dico solo che sono d'accordissimo.
    Quando la gente non sa guardare a se è perché ha problemi, e non vuole vederli. Guardare e criticare gli altri li aiuta in questo.
    Quindi son d'accordo, è un problema loro.
    :*

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  2. Ciao Nivy! Grazie per essere passata, ricambierò presto :)
    Per quanto riguarda il criticare, come cercavo di spiegare nel post, non me me sento immune, nel senso che anche io faccio commenti di quel genere sugli altri. Perché? Dal mio punto di vista non è sempre invidia o almeno non mi sembra, ma come dicevo sul blog di Simona potrei non rendermene conto. A volte come spiegazione può starci e lo ammetto, altre volte una critica mi sembra sia solo una critica, sia da parte mia che da parte degli altri nei miei confronti. Posso commentare qualcosa di un altro senza invidiargliela o pensare che "lui/lei ha il coraggio di farlo/esserlo e io no", semplicemente perché quel qualcosa non mi piace o mi sembra bizzarro. Oppure possono sfuggirmi commenti che non penso siano critiche ma solo frasi generiche per far conversazione e se l'altra persona le vive come critiche o attacchi di invidia non posso prevederlo perché non posso immaginare cosa vedrà oltre la frase in sé per sé. Penso che in parte dipenda da cose che riguardano solo il mio interlocutore e che io non posso sempre badare a evitare a costo di stare attentissima a ciò che dico ogni volta che apro bocca, e non penso potrei farcela.

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  3. Concordo praticamente con te. In ogni caso, domani torno... ;)

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  4. Come dicevo ieri, concordo con te. La tua analisi è PERFETTA. Sai, è probabile che quella che io chiamo "INVIDIA" sia soltanto "critica". Il problema nasce dalla mia suscettibilità. Sono e rimango una persona permalosa. Pur essendo a mia volta una donnina polemica, ma non è il vocabolo corretto, noto negli altri una vena di "supremazia", che non è nel mio DNA. Da bambina prima e da ragazzina dopo, ho subito 8 anni di bullismo, in quel frangente ho imparato a studiare le persone: pregi, difetti, punti deboli. Nel mondo reale, non sul web (sul web sono diplomatica ;)), se voglio far piangere qualcuno basta concedermi una decina di minuti, ed è capitato. Con questo voglio dire che raramente sbaglio (mi riferisco alle persone) e se intravedo del marcio quello viene in superficie. Tuttavia, essendo una personcina permalosa, con tutta probabilità scambio la critica per l'invidia. Sai, di gaffe nella vita ne faccio parecchie, ma se voglio fare un complimento, faccio un complimento, se voglio ferire, ferisco! Difficilmente mi esprimerò dicendo cose del tipo: "Di che ti lamenti?", e come dicevo basta darmi una decina di minuti per analizzare le persone, non è un vanto, basta osservare... ho avuto molto tempo da bambina

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  5. Sbagliare è umano, ci mancherebbe. Nonostante qualcuno mi faccia i complimenti, sono cosciente dei miei limiti, e mi riferisco al mio vocabolario. Non conosco la grammatica, ad esempio. Con questo voglio dire che le parole sono importanti, ma non da un punto di vista letterario ;). Se decido di esclamare la frase: “Di che ti lamenti?”, ti ho fatto un torto. Puoi offenderti o non offenderti, ma sempre una baggianata ho detto! La vita, naturalmente, è fatta di sfumature, per questo sul web ho scelto la strada della diplomazia. La rete non ha sfumature. E’ nero su bianco, è priva di espressione. Quindi la frase “di che ti lamenti?” può essere esclamata in modo sarcastico, ironico, scherzoso, irriverente, buffo, innocuo, burbero… Mia madre è una persona che non ha filtri, critica qualsiasi cosa ed è incapace di leggere i propri difetti, mio padre, d’altra parte, è “il buffone di corte”, la diplomazia è la sua arma. Per fortuna ho preso da entrambi e quindi so utilizzare i filtri. Ti dico le cose in faccia, cercando di non offendere. Ultimamente, a dir la verità, mi interesso poco del genere umano! ;)
    Certo, posso sembrare presuntuosa, probabilmente lo sono pure, al mio ex datore di lavoro gli dava fastidio l’espressione “raramente sbaglio”. Purtroppo, per lui, è così. Quando arrivava una nuova collega, sapevo dopo un giorno di lavoro, se aveva voglia di lavorare. Basta leggere le sfumature. Oggi il mondo del lavoro è diventato “violento” e francamente sono contenta di non frequentare uffici e compagnia bella.
    In merito all’invidia non c’è molto da dire. Quando avevo 24 anni decisi di comprare casa, 55 mq circa, in verità fu un’idea dei miei. Aprii un mutuo, rimasi senza un soldo, nondimeno invitai amici e parenti nel giro di un mese per condividere “il mio spazio”. Se vengo a casa tua, magari noto il tuo arredamento e mi faccio un’idea, certamente se non mi piace qualcosa, educazione vuole, che faccia gli affaracci miei. Non ci vuole molto. Ho ricevuto numerose critiche, più che altro commenti caustici, cose del tipo “Ci impiegherai parecchio a pulire questo appartamento!”. Il risolino fa la differenza. Gli idioti li noti dal tono della voce. Battuta, risolino, movimento della testa, sguardo perso alla ricerca di approvazione, e c’è sempre qualcuno che approva! L’invidia, invece, ha una nota diversa, è come il profumo:
    Nota di testa: “Il tuo lavoro non lo farei mai!” - ATTACCO
    Nota di cuore: “Il mio perlomeno lascia spazio per andare a correre…” – SMASCHERAMENTO
    Nota di fondo: “La scorsa settimana sono andata a Milano…” – CONCLUSIONE

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  6. La comparazione di questo tipo è spesso sinonimo di invidia. Non si sopporta la felicità altrui. Se una persona critica la tua casa, il tuo lavoro o il giardino è un conto. Se una persona oltre alla critica fa una comparazione, lì, molte volte, si nasconde l’invidia. L’invidioso, spesso con complessi di inferiorità, detesta la serenità altrui, e quindi deve sbatterti le sue “gratificazioni”: “Sei andato in India? E io sono andato in Scozia…” – “Hai un prato? E io ho gli ulivi…”. E come se io avessi detto, quando abitavo in un condominio di 20 famiglie e al primo piano: “Hai un terrazzino/giardino? Non saprei che farmene! Vivere al primo piano ti toglie da certi impicci…”
    Nota di testa: attacco – inizio il discorso
    Nota di cuore: smascheramento – ti critico
    Nota di fondo: conclusione – concludo sminuendoti con comparazione
    Alcune volte ci facciamo un’idea sbagliata degli altri: vita, atteggiamenti e modi di pensare.
    Le persone che dicono quel che pensano non sono molto amate.
    Le persone che dicono quel che pensano e ti sembrano “amate”, sono e rimangono doppiogiochiste. Prendi il web, la maggior parte dei blogstar/facebookstar sposa una tesi, non si allontana, rimane protetto dalla schiera di fan e insegue il plauso. Non è diplomazia è saper dire quello che gli altri vogliono sentirsi dire. Ad una mia collega ho detto che non era in grado di svolgere un lavoro, dopo due mesi si è licenziata. Se avessi fatto il suo lavoro, facendogli capire i suoi di errori, sarebbe rimasta. Ora, dipende se nella vita si cerca la giustizia o il plauso.
    Probabilmente sono una persona invidiosa. ;)

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  7. Di nuovo non mi arrivano le email quando mi scrivi, che strano!
    Non mi hai mai dato l'impressione di esserlo, penso che la vedi più lunga di me su queste cose, come scrivevo sotto al tuo post ho una predisposizione diversa perché tendo ad essere sempre insicura di me e delle mie cose, quindi non riesco a vedere l'invidia altrui nei miei confronti (a volte sì ma più spesso no) perché non penso di essere invidiabile, ma criticabile sì. Tu evidentemente sei più sicura delle tue cose, e a ragione, io dovrei imparare dalle ciò che hai scritto che posso essere invidiabile anche io, ma pure invidiosa, ed evidentemente anche se penso di no certe cose che dico è l'invidia a dettarmele. Penso di dover fare più autocritica in entrambi i sensi, e scrollarmi di dosso questo alone di insicurezza ed "attaccabilità" che mi fa essere troppo suscettibile, anche perché probabilmente è la stessa attitudine che può spingermi a criticare gli altri. Mi è stato molto utile affrontare l'argomento, grazie :)

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