bimbilla

mercoledì 28 ottobre 2015

Nuove vie


Questi ultimi giorni sono stati molto intensi, ho conseguito il mio primo livello di Reiki con l'insegnante con cui desideravo farlo da tempo, Niviane, che ho conosciuto molti anni fa proprio grazie ai blog e che per me è diventata un'amica di penna. Avevo sentito parlare spesso di questa via spirituale ma solo lo scorso giugno le ho chiesto di parlarmene in modo approfondito per scegliere se abbracciarla a mia volta.

In questo momento della mia vita uno dei miei principali obiettivi è spogliarmi di ciò che non mi appartiene, di tutto ciò che in qualche modo è stato messo lì da altri ma a cui mi aggrappo automaticamente quando non so rispondere alla domanda: cosa provo veramente, cosa farei veramente io? Non so se vi capita mai, a me succede di trovarmi in una determinata situazione e comportarmi in un modo che sento non appartenermi. Dico una frase o compio un'azione e in quello stesso istante è come se mi guardassi dall'esterno e mi dicessi: ma che fai? che dici? questa non sei tu! Sì ma tu chi sei allora? Ecco io non sapevo cosa rispondere a questa domanda, abituata a reagire con atteggiamenti presi in prestito più o meno inconsciamente da altri e ad impiegarli più o meno spontaneamente. Quando mi succede non sono contenta del risultato, anzi può essere fonte di imbarazzi e persino di liti che non stavo cercando ma che mi trovo a provocare.

La prima cosa che Niviane mi ha spiegato è che la via del Reiki porta proprio a questo, a scoprire il vero-io, liberandolo dal resto. Dal punto di vista fisico una caratteristica che non sento appartenermi e che ho ereditato anche e soprattutto come stile di vita è il sovrappeso. Non ho mai sofferto di disturbi alimentari propriamente detti, ma se avevo intorno una persona con tendenze bulimiche mi comportavo allo stesso modo, e fin dall'infanzia ho avuto vicine persone con questo genere di problemi. Nell'unico periodo in un cui ho vissuto da sola avevo progressivamente smesso di mangiare quasi tutto, perché quasi tutto mi causava malessere, anche l'alimento più semplice. Mi hanno spiegato che è una forma di anoressia nervosa ed una reazione tipica in casi come il mio. Appena ho smesso di vivere da sola ho ripreso tutto il peso che avevo perso. 

Avevo bisogno, prima ancora che di una dieta, di un'educazione alimentare, e anche questa l'ho incominciata lo scorso giugno. Ho perso dodici chili, meno di cinque e sarò di nuovo magra, ma stavolta non grazie a qualche strana forma di digiuno. Solo ora mi rendo conto di quanto fossero sbagliate abitudini a cui prima davo scarsa importanza pensando non influissero poi tanto sul peso. Dimagrire è un po' come scoperchiare il vaso di Pandora, i chili in più possono essere una maschera dietro la quale nascondersi e giustificarsi, per evitare di affrontare ciò che non si vuole vedere. Sono grasso, per questo non ho ..., per questo non posso ... Perdere peso significa anche combattere giorno per giorno contro queste scuse, contro la ragione per cui ce le si racconta, non cercare più nel cibo ciò che si dovrebbe cercare altrove, non nascondersi dietro ad una gigantesca armatura per diventare paradossalmente invisibili.

Bisogna assumersi la propria parte di responsabilità rispetto agli eventi e alle altre persone, e anche chiedersi se si desidera veramente ciò che sembra inarrivabile a causa del peso (o di motivi analoghi). A volte, per ragioni che stanno altrove, le persone cercano solo ciò che le fa sentire rifiutate e inappagate, o si mettono i bastoni tra le ruote da sole per essere certe di non ottenere ciò che vogliono, scaricando poi la responsabilità del fallimento su ragioni come il peso. Si potrebbe pensare che meditare due volte al giorno e aver perso tanto peso faccia sentire di colpo meglio, in realtà la mia ansia è persino aumentata. Adesso tra me e il mondo non c'è più nessun cuscino e devo affrontare problemi e situazioni man mano che mi si pongono, senza scappare o raccontarmi storie.

Concludo con una frase che ho incontrato spesso studiando, la frase che i padri del deserto ripetevano ai loro discepoli per incoraggiarli nelle pratiche ascetiche, senza lasciarsi abbattere dal tempo già trascorso e da quello che deve venire: Soltanto comincia. Ogni giorno come se fosse il primo, proprio come il Solo per oggi che Usui premette ai cinque principi del Reiki. Ma questo non deve valere solo per la pratica spirituale, bensì per ogni cosa di cui ci importi davvero, contro le nostre stesse giustificazioni.

sabato 10 ottobre 2015

Come una sorella


Capita di far arrabbiare qualcuno, di offendere senza volere, di tenere un certo comportamento che magari non lo sai ma a quella data persona dà proprio fastidio. Capita di deludere qualcuno nel momento sbagliato della sua vita, e rischiare di sciupare irrimediabilmente un rapporto che consideri tra i più importanti della tua. A me è capitato con una persona che considero come una sorella, perché anche se sono figlia unica avere una sorella l'ho sempre immaginato come il nostro rapporto. Siamo cresciute insieme dal primo anno delle superiori, non per forza sempre d'accordo, non per forza sempre insieme, non per forza amiche degli stessi amici, ma per me non era solo un'amica, era proprio qualcuno che riusciva ad ispirarmi, a completarmi. Io sempre ansiosa, lei capace di passare sopra le situazioni; io sempre pronta a prendermela per qualsiasi cosa ma senza riuscire mai ad impormi, lei capace di adattarsi e tenere testa a chiunque; e poi sapeva sempre qual era il modo giusto di vestirsi e truccarsi. Come una sorella un po' più grande che, essendoci passata prima di te, sapeva cosa fare.

Questa persona ha avuto veramente bisogno di me una sola volta e per qualcosa di decisamente importante, ed io non ho saputo esserci. Fraintendimenti, una cosa ricordata in un modo da una e in un modo dall'altra, il timore di fare o dire la cosa sbagliata e il danno era compiuto prima di accorgersene: per cinque anni non ci siamo più parlate. Avrei voluto dirle che non l'avevo fatto apposta, che se avessi potuto tornare indietro avrei fatto tutto diverso, che dispiace più a me, per quello che ho perso e per quello che non ho dato, ma non potevo più farlo. Poi da un giorno all'altro ho avuto di nuovo una possibilità, siamo tornate a sentirci come nulla fosse ed è incredibile come poi ci sia voluto ancora un altro anno per parlarne, per chiedere scusa, dirci ti voglio bene, mi sei mancata. Come se per dodici mesi avessi avuto paura di rompere qualcosa di delicato, tenuto insieme a fatica da un po' di colla non ancora asciutta, che al minimo tremore sarebbe finita in pezzi ancora più piccoli e ancora più difficili da recuperare. Forse avevamo entrambe bisogno di tempo, di recuperare un po' di quella antica confidenza, per riuscire a parlarne senza rovinare tutto. So che non potrò tornare indietro né recuperare quei cinque anni, ma adesso ho finalmente un peso in meno sul cuore e un motivo di gioia in più.